.menu. casa pagina. racconti. collegamenti.
.cambia stile. fatti sentire.

Due del pomeriggio. Ora che sono salito sul treno in attesa di tornare nella mia poco amata città, avrei dovuto cercare un posticino isolato dove poter rimuginare e scrivere in tranquillità; se non isolato almeno silenzioso, con qualche mugugno o colpo di tosse qua e là. Invece come al solito faccio l'opposto e seguo un gruppetto di universitarie pendolari; sono così vicino che potrei anche trascrivere i loro discorsi, ma non ci tengo particolarmente. Un controllore nel vero senso della parola e del mestiere prima ci conta, poi al momento di obliterare il biglietto lo controlla per intero, dalla stazione di partenza fino alla convalida, e poi lo oblitera nel punto esatto dove andrebbe fatto, forse anche lui sentiva che non era una giornata qualunque. Comunque questa è la fine. Per comprendere in toto la mia pazzia bisogna tornare con la mente a qualche ora fa e più precisamente verso le cinque e trenta del mattino, momento in cui, minuto più o minuto meno, mi sveglio quasi brutalmente. Già a quell'ora decido senza ancora possedere la facoltà di intendere e di volere, che è arrivato il giorno per far ritorno in quel di palermo. Non esiste un motivo preciso o anche solo accennato, per cui io sia andato a letto così presto ieri sera, ma d'altronde capirete bene, se già non l'avete fatto, che molte azioni che compio non hanno un senso ben preciso o forse è talmente celato che neanch'io riesco a notarlo. Dopo aver tergiversato sul letto ascoltando un cd dei radiohead, mi alzo (non sul letto), bevo una tazza di caffelatte e riscontro che su internet tutto tace; sono le sei e trenta e ancora dormono, tse! Ho tutto il tempo per aggiornare la lista dei libri da comprare, lavarmi e mettere nello zaino tutto il necessario, compreso/a questo/a moleskine®, libri vari d'inglese, se mai per strada mi venisse la voglia di studiare, varie ed eventuali. Ah, ovviamente mi sono anche vestito; un giorno verrà anche il tempo di uscire in pigiama, ma proprio oggi spirava una leggera brezza proveniente dal mare. A dire la verità non le ho chiesto da dove provenisse, però era davvero fredda. Vado sul sicuro, maglietta a maniche lunghe, soliti jeans (più che soliti direi proprio usurati) e scarpe belle comode. Avrei voluto cambiare anche faccia, ma purtroppo l'altra era ancora in lavatrice. Eccomi, sono pronto! Vi risparmio i trenta e passa chilometri di autostrada con mio padre, anche se a dire il vero abbiamo parlato più del normale, e quindi, ecco, sono a palermo! Poco prima di scendere mi viene ricordato che il giovedì mattina la segreteria è chiusa; io vorrei rispondere dicendo che quella era solo un'azione di copertura ma abbozzo solo che andrò in facoltà. Io volevo davvero chiedere qualcosa al centro di orientamento e tutorato per avere una qualsiasi informazione sul passaggio al corso di -prendo fiato- sviluppo economico e cooperazione internazionale, solo che, una volta saltato l'appuntamento col libretto, tanto valeva ritornare in seguito anche per quelle domande. Però in facoltà ci sono entrato, anche solo per vedere se i muri fossero al loro vecchio posto, e vi posso assicurare che non si erano mossi nonostante la mia mancanza. Passo un po' più di tempo al bar, ma solo perché ho aspettato il toast, non si dica in giro che perdo più tempo nelle tavole calde che a studiare. La gente lì fuori era davvero poco interessante, nessuno a cui fare smorfie, tutte facce quasi tristi (ha parlato il giocondo), quindi mi limito a sorpassare un terzetto camminando come un equilibrista con le mani alzate il bordo di un marciapiede. Prima di, molto prima di battere il mio record di "permanenza in quell'area denominata università pur non avendo lezione" decido di andare a bighellonare per la città, io e il mio zaino arancione e blu. Dovete sapere che io sono essenzialmente un animale sedentario, però per un motivo o per un altro o per nessuno proprio, posso mettermi a camminare senza sosta. Nonostante rimanga incolonnato per pochi minuti in mezzo a una folla di francesi la cui somma dell'età darebbe con esattezza l'età del pianeta terra, mi destreggio abilmente tra questa e quella via quasi a caso, riuscendo poi a raggiungere la prima tappa, ovvero la libreria feltrinelli; tu sì, tu no, ecco il quintetto di oggi in ordine di ritrovamento: il piccolo principe, il paradiso degli orchi, confessioni di una maschera, faust e urfaust volume uno e volume due. Ce ne sono altri da comprare ma dato che non chiedo mai aiuto ai commessi decido di andare alla mondadori lì vicina, seconda tappa in cui i libri sono sistemati meglio. Ecco, decido, ma poi tiro dritto e arrivo direttamente alla tappa successiva, ricordi mediastores, dove compro solo un chitarrista (o bassista? viva i dubbi) che è uscito dal gruppo, nonostante in quella zona dedicata ai libri ci sia entrato due volte e nonostante poi in quel gruppo poi ci sia rientrato. Sopra ci sono soprattutto cd, a prezzi che mi ricordano solo di ricaricare la postepay e ordinarli dall'inghilterra. E poi ci sono anche i poster, mia croce (non ne ho uno) e delizia (ne vorrei più di uno). A parte il bacio klimtiano di cui però ho già appiccicato una specie di cartolina all'armadio (appiccico di tutto), solo uno di loro ha corso il rischio di esser portato via da quel mondo di bambini, animali ed einstein (troppi einstein) fermi nel tempo: un paio di angeli, angioletti (putti?) della cappella sistina con lo sguardo rivolto all'insù, forse in attesa di quello che sarebbe accaduto dopo. Mi accorgo che sono addirittura sudato, colpa forse dello zaino, però fuori ora c'è un bel fresco, si sta davvero bene. Ritorno in via roma e così anche alla mia passeggiata. La quarta tappa è parecchio lontana, ma conto di perdermi per ritrovare poi la strada esatta. Davvero, mi piace girare, scusate il tecnicismo, "a cazzo", soprattutto per quei deja-vu "controllati". Via la lumia, plic. In effetti fa un po' troppo fresco, plic, c'è pure vento. Ma... sta piovendo, miliardi di plic. Ben consapevole della presenza del mio fido ombrello, tenuto quasi per caso (o forse per noia) nello zaino, lo esco fuori e continuo come se nulla fosse. Solo che qualcosa c'era e poco c'è mancato che non sia stato scritto "diluvio universale 2" accanto alla data di oggi nel calendario. A dire la verità io aspettavo di imbattermi in Noè, ma evidentemente non aveva ancora trovato l'esemplare femminile della mia razza (e ce ne vuole per trovarla). Forse il novello Noè sono io... a parte qualcuno che corre disperato con o senza ombrello, intorno a me vedo solo facce che si riparano sotto qualcosa oppure che guardano da dentro i negozi. Eppure io sono tranquillo, sembrerò un fantasma con l'ombrello che gira a piedi, però quelli dentro le gabbie, soprattutto di metallo, che vengono osservati, sono altri. Rifiuto quindi il passaggio di mio padre che mi ha appena telefonato, sto tanto bene qui. Ed ecco via libertà (quante smart), politeama, via dante. E pioggia pioggia pioggia. Più cammino e più acqua mi bagna i vestiti e mi entra dentro (nonostante l'ombrello); più tutt'un tratto parole come raffreddore, febbre, polmonite e altre di cui non conosco nemmeno l'esistenza, assumono significato. E più mi diverto. Nella stessa maniera improvvisa una lampadina si accende sopra di me, e indosso lo zaino al contrario, a mo' di giubbetto anti-proiettili del freddo e della pioggia, ma soprattutto per non far bagnare i libri lì dentro. Quell'idea lampante era davvero geniale -avreste dovuto sentire il tuono che ne è conseguito-, ed è arrivata appena in tempo. Ritornato a casa mi accorgerò che il bordo di alcuni libri era già bagnato et ondulato, ma tanto sono solo libri di inglese, il resto è ben asciutto dentro i sacchetti poco biodegradabili. Ma ritorniamo, e voi con me, all'una, l'una e trenta circa, in piazza stazione lolli. Non che di solito controlli l'ora non appena arrivi da qualche parte, però in quei momenti anche la cognizione del tempo si era allontanata per ripararsi dalla pioggia. Più che pioggia era un vero e proprio nubifragio, magari è stata la mia presenza a scatenare tutto ciò, no, forse no, mi ricordo che ieri nelle previsioni del tempo la sicilia era piena di nuvole nere e fulmini, quindi oggi non c'entro niente. Continuando a camminare -ovviamente- mi prefiggo almeno di arrivare fino alla stazione notarbartolo e, difficile a immaginarsi, continuo avanti, procedendo a fatica tra i fiumi e laghi che si formano sotto i marciapiedi. Poi a un certo punto qualcuno attraversa la strada, si avvicina e mi sorpassa (tra l'altro senza mettere la freccia). E' una ragazza con degli infradito ai piedi. Avanza e si ripara sulle scale di una porta chiusa di quella che credo fosse una chiesa. Con tutta la poca sfaggiataggine che possiedo le chiedo se vuol un passaggio; sotto l'ombrello, s'intende. Mi risponde con un "sì, grazie" circa e si accomoda nel lato passeggero, ora protetta. Ma solo ora, perché dopo ben dieci metri ci ritroviamo dentro il nuovo lago più grande e insieme profondo d'italia. Sarà stata la mia emozione di avere una sconosciuta al mio fianco che mi facesse compagnia, o la sua di aver trovato un ombrello disposto ad accompagnarla, sta di fatto che lei decide di traversare dalla destra, rischiando quasi con quegli infradito di essere travolta dalla corrente (...) mentre io saltello a mo' di rana con scarpe, calzini e jeans fino alla caviglia che dal grado di "bagnati" vengono promossi a quello di "letteralmente inzuppati". Appena posso risalgo sul marciapiede, ma la ritrovo a ripararsi sotto il tendone, o era una specie di gazebo, di una concessionaria di moto e mi dice che lei si ferma lì. Va bene che è una relazione appena nata che già fa acqua da tutte le parti, però si poteva provare a continuare. Neanche insisto, mi ritengo sconfitto, le chiedo solo se sa dove si trovi la stazione della metropolitana. Cosa? La stazione della metropolitana. Non ho capito. La sta-zio-ne del-la metropolitana. Sarà il rumore della pioggia a coprire tutto. Ma no, non lo sa. E io vado avanti, lasciando la sconosciuta dal viso carino, gli occhiali e gli infradito là sotto, magari telefonerà a qualcuno o aspetta che piovi meno, non lo so, sono già troppo lontano per chiederglielo. Ho davanti via parlatore, e mi fermo. Ora che l'ho chiesto a una posso chiederlo anche ad altri. Avanza verso di me un ragazzo poco più vecchio del sottoscritto e ben vestito. Già sono abbastanza alto, per di più tiene l'ombrello così basso che devo piegarmi sulle ginocchia e chiamarlo Scusa! per farmi notare. Sai dov'è la stazione della metropolitana più vicina? Cosa? Ma incontro solo sordi oggi? La stazione della metropo... no, non lo sa neanche lui, o forse non vuole perdere tempo e rovinarsi il vestito. Non importa, prima ero stato sconfitto, devo tornare indietro. Attraverso la strada per evitare imbarazzi latenti -che ci volete fare, sono fatto così- e mi incammino. Noto un signore che sta facendo qualcosa alla sua moto, è riparato dagli alberi, magari ha più tempo da perdere. Parla con un accento così strano che non capisco se sia uno straniero o semplicemente un palermitano che solitamente parla solo in dialetto. Mi dice che la stazione notarbartolo è lontana e farei prima a tornare a piedi in centro. Non so se lui intendesse la stazione orleans (piazza indipendenza), ma sta di fatto che col senno e la cartina di poi, ho visto che non era così lontana quella stazione, forse più vicina di quelle a cui si riferiva questo tizio, ma io comunque sono stato sconfitto, ringrazio lo stesso e continuo a tornare. Sempre più o meno a caso rifaccio le stesse strade dell'andata. Mi accorgo che non appena appoggio i piedi per terra dalle cuciture delle scarpe fuoriesce una specie di schiuma, che più che soprendermi mi diverte. E arrivo in piazza politeama. Decido allora di riposarmi un po' all'impiedi dentro il da me appena rinominato "tempietto del riparo e del riposo" (se mai avesse avuto un nome), insieme a tre simil-metallari e un signore col cappello blu. E così, con l'ombrello ancora aperto in spalla, penso che magari potrei tornare ancora una volta indietro; ma di sicuro con la volontà non ritroverei mai quella strada, quella ragazza se ne sarà già andata, e soprattutto mi fanno maledettamente male i piedi. Potrei anche fermarmi a mangiare da qualche parte... no, niente, torno a ritornare. Via roma, io, il mio zaino, l'ombrello e le scarpe schiumanti. E la mia normale pazzia. Grazie per la compagnia, almeno così mi sentirò meno solo sotto quella pioggia.

P.S. Ho riletto solo ora quello che avevo scritto il sedici e che mi ero dimenticato. Forse faccio le cose che scrivo senza pensarci. Prima con la mente, e poi col corpo. Già, sono parecchio strano.